Covid 19, dalle limitazioni personali al vaccino: che costo dai alla vita di una persona?

12/17/2020

Proseguono a ritmo ed entusiasmo incalzante, nonostante il periodo, i tradizionali appuntamenti rotariani, nel cui ambito il club RAC Roma Tirreno Monte Mario ha partecipato all'incontro "COVID-19 e vaccini" tenutosi online, mercoledì 25 novembre 2020, organizzato dal Rotary padrino Roma Capitale e dal suo Presidente, Avv. Gennaro Contardi.
Il dibattito ha visto protagonisti il Prof. Dott. Massimo Andreoni, Presidente della Società Italiana di Immunologia ed il Prof. Dott. Gianpiero D'Offizi, Direttore Istituto Nazionale per le Malattie Infettive IRCCS Lazzaro Spallanzani.

Proprio quest'ultimo, il Prof. D'Offizi, dopo il tradizionale suono della campana, ha aperto la conviviale parlando della sfrenata corsa alla ricerca di una piattaforma vaccinale per guidare la lotta al virus che, ormai, da quasi un anno, tiene in scacco la sanità mondiale.
"Chi pensa che il vaccino sia l'unica chiave di lettura per uscire dalla pandemia, sbaglia" incisivo l'esordio di D'Offizi, che, prima di addentrarsi nelle specificità scientifiche, ha tenuto a sottolineare quanto, questa pandemia, abbia segnato un profondo spartiacque tra quello che ha caratterizzato i tempi pre COVID-19 e quello che significa (e significherà) vivere la vita post COVID-19.

Il Prof. ha infatti evidenziato come, già negli ultimi decenni, avessimo avuto segnali di ciò che poteva accadere nel nostro pianeta a livello sanitario (con i modelli di infezione da SARS-CoV e MERS-CoV) e di quanto, una situazione come quella attuale, fosse, in realtà, una minaccia assolutamente prevedibile o perlomeno da attenzionare.
Una minaccia, inoltre, che potrebbe ripetersi in futuro se non ci impegnassimo a modificare i nostri comportamenti per tutelare il bene della comunità intera.
"La strategia del vaccino sarà efficace solo comprendendo che le nostre vite devono fare i conti con situazioni di epidemia, che troppo spesso abbiamo collegato a fasce di popolazione lontane dalle nostre latitudini e con situazioni di sostentamento e livelli di sanità pubblica estremamente bassi" prosegue nella spiegazione D'Offizi.

Ci appare subito chiaro, quindi, quanto di ciò che sta accadendo dipenda dalla consapevolezza di essere, stavolta, davvero protagonisti e registi delle nostre scelte, capaci di guidare, almeno in parte, l'andamento dell'epidemia.Il COVID-19 è, infatti, una sfida epocale che riguarda tutti e della quale dobbiamo prendere atto e consapevolezza.
A tal proposito, il nostro compito dovrà essere quello di adattare il nostro stile di vita alle direttive di contenimento.

Sarà compito della scienza, invece, quello di non arrendersi e di proseguire il suo percorso verso la conoscenza, attraverso la ricerca.

E' quindi solo così, con l'impegno di tutti, che il potenziale vaccino potrebbe giocare un ruolo vincente in questa sfida, rappresentando un reale contenimento dell'epidemia, quasi un "dirottamento" di situazione, nel quale molti interessi stanno confluendo e dal quale iniziamo, con comprensibili timori e quesiti, ad aspettarci molto.

Il prof. D'Offizi ha poi analizzato la realtà dei vaccini dal punto di vista clinico e sociale.
Ad oggi, ci dicono, abbiamo centinaia di modelli vaccinali, in diverse fasi di sviluppo e sperimentazione, che vanno da quella preclinica, ovvero di laboratorio, alla cosidetta fase clinica 1 - in cui ci si sofferma sulla tollerabilità del farmaco e sulla sua sicurezza.
Alcuni addirittura già in fase clinica 2 - ovvero di approfondimento riguardante la dose e la stabilità del farmaco, fino ad arrivare ai pochi catalogabili nella fase clinica 3, che rappresenta il momento di sviluppo e valutazione della risposta immunitaria contro il microorganismo interessato.

Questo processo, che solitamente richiede anni di ricerca, sviluppo e adattamento, oltre ad un investimento estremamente attento e oneroso, ha come primo obiettivo, ovviamente, quello di non nuocere. Questa, infatti, è forse tra le più grandi paure per chi, ad oggi sano, pensa titubante alla possibilità di sottoporsi ad una vaccinazione tanto tempestiva nei suoi tempi di realizzazione. Il processo implica quindi una constatazione della sicurezza del farmaco, e solo una volta certificata questa, si passa ad una valutazione dell'immunogenicità, ossia la capacità del vaccino di generare una risposta immunitaria duratura nel soggetto e della percentuale dei casi in cui questo accade.
E' certo che, il limite di un vaccino COVID-19, ad oggi, è sicuramente la velocità della risposta di cui necessitiamo.

L'Istituto Spallanzani ha, anch'esso, iniziato un processo di sviluppo di una piattaforma vaccinale tutta italiana, con il supporto e finanziamento della Regione Lazio e del Ministero della Ricerca.
"Un progetto estremamente importante sia a livello pubblico che privato, che si basa sullo sviluppo di un vettore virale non replicativo - un virus non contagioso - una sorta di piccolo cavallo di Troia che, al suo interno, vede inserito il gene di una proteina Spike virale, che si va a legare ai recettori ACE2. Poter inserire questa proteina in quello che definiamo, per facile comprensione, cavallo di Troia, permetterebbe di sviluppare immunità nei confronti della stessa proteina S e generare un'azione protettiva al contagio. [...] Ovviamente rimane fondamentale capire se questo percorso sia efficace contro l'infezione o nel contenimento della malattia" ci spiega il Prof. D'Offizi.
Quello che pare certo, al momento, è che, solo una volta che si comprenderà l'efficacia di questi farmaci negli anziani e nei più fragili, allora si sarà stati davvero in grado di governare il virus e prevenirne il contagio.

Il Prof. D'Offizi conclude il suo intervento lanciandoci un simbolico appuntamento all'11 dicembre, data in cui l'FDA (ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici) verificherà i risultati della piattaforma vaccinale che, tra quelle proposte (Moderna, Pfizer, ecc...) sarà ritenuta più consona.
Prende la parola il Prof. Andreoni, Presidente della Società di Malattie Infettive e Ordinario di Malattie Infettive della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Roma Tor Vergata, affermando subito: "I vaccini ogni anno salvano milioni di persone, per malattie che ad oggi, proprio grazie ad essi, riteniamo banali, come ad esempio il morbillo, quasi totalmente annientato. [...] Quando si parla di vaccini, si parla di prevenzione, ed è proprio questo a creare una barriera tra le persone stesse, il farmaco e chi ne consiglia la somministrazione, perchè, con il vaccino, si va ad intervenire su persone sane e fuori pericolo. La paura di mettere a rischio la propria attuale salute, genera spesso, e facilmente, diffidenza"
La vaccinazione non va però intesa come interesse del singolo, bensì come salvaguardia della comunità e sono proprio le persone sane a rappresentare il punto nevralgico della questione: vaccinando quest'ultime si impedisce infatti il dilagare dell'infezione. Si evita, inoltre, che i soggetti più fragili o impossibilitati a vaccinarsi per condizioni preesistenti, possano essere vittime di questa malattia.

E' con questa ottica che si dovrebbe guardare ai vaccini, alle regole, alle limitazioni temporanee di libertà, non confondendole con privazioni, ma prendendole come leggi non scritte della buona convivenza, del rispetto e della salvaguardia degli altri.
La libertà individuale concessa ad agosto, giusta o sbagliata che fosse, è stata pagata in termini di percentuale di mortalità.
Il Prof. pone dunque un quesito che fa riflettere:"Sono, le nostre libertà individuali, più o meno importanti delle morti registrate ogni giorno? Cosa siamo dunque disposti a dare per la salute (o per la morte) delle persone?"

Il vaccino, conferma il Prof. Andreoni, rappresenta un'arma fortissima per impedire che il virus continui a circolare, solo se di pari passo ad un impegno concreto e quiotidiano di ognuno di noi.

A rassicurarci riguardo le perplessità sullo sviluppo di un vaccino nei tempi attualmente "imposti", deve essere la grande responsabilità che gli enti regolatori si assumono nel verificare la sicurezza di questi farmaci. Sono loro, infatti, i primi ad avere interesse nel riscontrare esiti positivi.

A maggior ragione sono le aziende produttrici ad avere interesse a garantire la sicurezza del vaccino, poiché investono enormi capitali nel raggiungimento di eccellenti risultati. Un fallimento sanitario, infatti, vedrebbe seguire un incredibile fallimento economico e reputazionale, di cui l'azienda pagherebbe per sempre lo scotto.
Alla domanda su quale strategia d'azione sia stata prevista, una volta che il vaccino sia arrivato, il Prof risponde "in un'ottica di salvaguardia delle persone più fragili, la strategia sarà quella di iniziare a vaccinare tutto il personale medico, impegnato in prima linea nella lotta al virus e le persone più fragili che vi si potranno sottoporsi, per poi passare a tutti gli altri con le ulteriori dosi".

Importante inoltre ricordare che ad oggi ancora non sappiamo se questi vaccini avranno lo scopo di proteggerci dalla malattia o addirittura dall'infezione, due cose apparentemente uguali, ma sostanzialmente diverse. Questa seconda soluzione sarebbe preferibile, perché avrebbe un impatto diretto sulla diffusione della malattia, limitandola radicalmente.
Tante domande ancora aperte, risposte che probabilmente riusciremo ad avere nelle prossime settimane.

Senza dubbio però, questo incontro ci ha fornito la possibilità di conoscere più da vicino i meccanismi e le caratteristiche di questo virus e delle soluzioni che sembrano paventarsi nel nostro futuro prossimo.
Non ci resta che concludere con le parole del prof. Andreoni: "Se questo vaccino arriverà, bisognerà essere confidenti nella soluzione. Dobbiamo accettare questa sfida perchè è quella a cui oggi dobbiamo essere in grado di rispondere!"
Vittoria Petitto

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